Prigionieri dell'Islam by Lilli Gruber

Prigionieri dell'Islam by Lilli Gruber

autore:Lilli Gruber [Gruber, Lilli]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Religione, Generica, Islam
ISBN: 9788858684481
Google: knwQDAAAQBAJ
editore: Rizzoli
pubblicato: 2016-04-27T22:00:00+00:00


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Ultima fermata: Damasco

All’inizio del 2011, la destabilizzazione del mondo arabo-musulmano è a buon punto. Dopo Tunisia, Egitto, Yemen e Libia, i venti di contestazione cominciano a soffiare anche in Siria. Come abbiamo visto, la tragedia comincia il 15 marzo 2011 a Deraa, alla frontiera con la Giordania. Bisogna far liberare gli adolescenti ribelli che hanno decorato i muri con scritte contro il regime. Arrestati, picchiati, saranno restituiti alle loro famiglie una settimana dopo. Troppo tardi. La rivolta contro il potere autoritario di Bashar al-Assad, che nel 2000 è succeduto a suo padre Hafez, si è scatenata. E, nonostante la paura, i cortei si ingrossano.

I manifestanti sfidano lo stato di emergenza, in vigore nel Paese fin dalla presa del potere da parte del partito Baath nel 1963. La repressione fa decine di morti, in molte città. Bashar grida al complotto straniero e manda timidi segnali di apertura politica. Ma resta sulla difensiva: sa che, se i siriani potessero avere elezioni libere, si sbarazzerebbero della sua famiglia e del Baath.

La violenza cova già da tempo. Nel 2008 ci sono state le rivolte degli agguerriti islamisti nel carcere di Sednaya, vicino a Damasco. Incidenti passati sotto silenzio dalla stampa ufficiale, ma che hanno impensierito il governo. Che li ha letti per quello che erano: avvertimenti.

Gli uomini rinchiusi a Sednaya sono combattenti che hanno servito nella guerra contro l’occupazione americana in Iraq. Quando saranno liberati, nel 2011, si metteranno a capo delle più brutali organizzazioni islamistiche. E trasformeranno una rivolta popolare in una vera guerra civile. Con la complicità di Bashar? Non si può escluderlo: il dittatore siriano non è certo un ingenuo.

La Siria è povera di risorse energetiche, ma ha dalla sua parte la storia e la geografia. In un’intervista premonitrice rilasciata il 31 gennaio 2011 al «Wall Street Journal», il presidente Assad dichiarava: «La Siria è il cuore del Medioriente». E aveva ragione.

Proprio a Damasco, d’altra parte, mi sono trovata almeno una volta al centro della storia. E ho avuto l’impressione che le divergenze tra i popoli e tra le religioni potessero comporsi. In quella luminosa primavera del 2001, mentre partecipavo come inviata del Tg1 a un evento epocale nell’edificio più sacro della capitale, la pace sembrava vicina.

Il 6 maggio papa Giovanni Paolo II entrava nella Grande Moschea degli Omayyadi, il primo pontefice nella storia a mettere piede in una moschea. Che per di più, un tempo, era stata una chiesa, dedicata a san Giovanni Battista. Guardavo la cappella che secondo la tradizione contiene la testa del santo, nella luce sfavillante dei grandi lampadari. E mi sentivo testimone di un tentativo di riconciliazione, destinato a contagiare il pianeta.

Mi sarei dovuta ricredere, meno di due anni dopo. Il 20 marzo 2003 sarebbe scoppiata la guerra in Iraq, che avrebbe dato l’avvio ad anni di devastazione. Rendendo il dialogo tra le religioni e le culture enormemente più difficile.

Mentre preparavo la mia diretta sapevo che fuori da quelle mura sacre mi aspettava la normalità di un regime che avevo imparato a conoscere bene. Ottenere visti per la Siria era sempre difficile, e lavorarci una vera corsa a ostacoli.



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